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Approfondimento di “Nuove sostanze. L'Informatica e il rinnovamento dell' architettura” , di Antonino Saggio.

di Giovanni Romagnoli

Le definizioni limitate e tradizionali di architettura e dei suoi mezzi hanno oggi perduto in buona parte di validità. Il nostro impegno è rivolto all’ambiente come totalità, e a tutti i mezzi che lo determinano, alla televisione come al mondo dell’arte, ai mezzi di trasporto come all’abbigliamento, al telefono come all’alloggio. L’ampliamento dell’ambito umano e dei mezzi di determinazione dell’ambiente supera di gran lunga quello del costruito. Oggi praticamente tutto può essere architettura. (H. Hollein, Alles ist Architektur, 1968)


Quando, nel 1970, una nuova generazione di architetti si rifugiava nell’iperuranio dell’architettura disegnata, il messaggio era chiaro: ”non è possibile costruire, tantomeno quello che abbiamo in testa,  ebbene noi continuiamo a disegnare”.  Nel disegno ha sempre albergato una sostanza di cose sperate. Un movimento importante, operante, in molti casi militante. L’informatica ha offerto, e lo fa tuttora, uno spazio, un territorio vasto, non perché pressoché illimitato, bensì “linkatico”.

È emozionante riflettere su un articolo che coglie in maniera semplice un momento delicato e affascinante come quello che stiamo vivendo oggi, ma perché si rivolge con forza ai giovani che dovranno dominare questa realtà.  Il messaggio contenuto in “Nuove Sostanze” invita, da una parte, a porsi nella posizione di Terragni, Libera, Persico, Pagano e, dall’altra, in quella di Archizoom, Superstudio, ZZiggurat, Strum, per avere il polso di ciò che sta accadendo ora e agire nella conseguenza. L’informatica è sicuramente uno strumento fondamentale per potersi riappropriare degli spazi che si aprono di fronte ai nostri occhi, siano essi grandi o piccoli, marroni o bianchi, digitali o analogici. “Nuove sostanze” è un appello a riscrivere le nuove sensibilità, figlie ibride di ideologie cineree e di strumenti in veloce evoluzione. Ma il messaggio è che comunque il reale e la sua rinominazione è problematica per definizione. Questo ci appare come una massa informe che rotola per forza propria e nella quale bisogna trovare un appiglio per contribuire alla definizione anche di una sua nuova infinitesima parte. L’approccio di Antonino Saggio è anti-dogmatico e si esprime chiaramente quando dice: “Il momento comunicativo, certo, può essere quello dei grandi hotel disneyani con cigni, sette nani e cappelli da cow-boy, ma può anche non essere un'applicazione posticcia di forme e contenuti simbolici a un'architettura scatolare ad essa estranea. Può essere una narrazione che pervade l'essenza stessa dell'edificio e che si connatura intimamente nelle sue fibre“. Esiste però nell’architettura, anche in quella organica, qualcosa di definitivo, la necessità di rispondere a dei bisogni complessi in un dato tempo. Come si effettua questo nuovo processo? Attraverso una de-localizzazione, una frammentazione auto indotta, più difficilmente gestibile, autonoma. Qui la rete è una risorsa fondamentale di controllo individuale dei fenomeni di massa. La rete dovrebbe rappresentare, quella coscienza collettiva in continuo cambiamento. Il focus non verte più su un’architettura oggettiva o soggettiva, simbolica o funzionale ma su “come” queste componenti possono trovare un amalgama che entri in relazione con la società.  È indubitabile come la questione della nuova connessione, a volte sentita più come un’oppressione che come un’opportunità, sia il fulcro di una nuova società e, quindi, delle risposte dello spazio abitato. Sembra di poter rivedere nelle immagini di Zziggurat: “La città lineare” del 1969, lo stesso bisogno di capire una situazione e di trovare una mediazione, una risposta non necessariamente definitiva ma sostanziale. Qui è necessario trasferire quella “sostanza di cose sperate” in una risposta architettonica. Anche la visione dei frattali, del dna, degli atomi si è caricata di  una dimensione romantica, non è più così “cattiva e nascosta”,  come poteva valere per gli impianti urbani di Saverio Muratori, ma si concede agli spazi del nuovo formalismo narrativo del Biocentrum di Eisenman a Francoforte del 1987. Si potrebbe contraddire allora la citazione iniziale di Hollein, “tutto, oggi, è architettura”, osservando che anche ieri tutto era architettura, ma è come se oggi ci fosse un bisogno maggiore di doverlo esprimere o concettualizzare. In questo senso non tutte le architetture di Eisenman sono formali. Emerge invece come sia sempre più complesso, nel campo dell’informazione allargata  e globale, trovare la sorgente del “come” nelle cose che sono “al 90% informazioni” e che producono necessariamente intorno a loro uno “spam mediatico”.
Nello “Spazio Sistema” Saggio fa riferimento allo spazio pubblico. Lo spazio pubblico è un luogo fisico (o virtuale) caratterizzato da un uso sociale collettivo ove chiunque ha il diritto di circolare o dialogare. È lo spazio della comunità o della collettività che in quanto tale si distingue dallo spazio privato riservato alla vita personale, intima, familiare.(wikipedia)  E’ interessante constatare come l’architettura esemplificativa di questo concetto di “spazio pubblico” sia la Steinhaus, la casa privata, di Gunther Domenig a Steindorf, in Carinzia. Qui la divisione fra spazio pubblico e privato sembra dissolversi in un concetto di fusione spaziale, non linguistico - formale con il paesaggio.  La qualità di uno spazio pubblico dipende da diversi fattori quali l'accessibilità, l'intensità d'uso e delle relazioni sociali che può favorire, la visibilità e la mescolanza di comportamenti e gruppi sociali differenti, la capacità di promuovere l'identità simbolica del luogo, l'adattabilità a usi diversi nel corso del tempo. Tali caratteristiche sono talvolta riscontrabili in spazi ibridi pubblico/privati che possono rientrare a pieno titolo nella categoria degli spazi pubblici mentre viceversa spazi di proprietà pubblica ne sono talvolta privi. Per questo motivo la nozione di spazio pubblico non sempre è associata alla nozione di proprietà pubblica. Secondo  Jürgen Habermas , con la pubblicazione intitolata Teoria dell'agire comunicativo descrive il processo nel corso del quale il pubblico costituito d'individui facendo uso della loro ragione s'appropria della sfera pubblica controllata dall'autorità e la trasforma in una sfera dove la critica si esercita contro il potere dello Stato. Quindi una difficoltà nel definire lo spazio pubblico contemporaneo sta nell'indebolimento di ciò che può essere identificato come comune. I sistemi sociali contemporanei sono più complessi che in passato, non possono definire ciò che è comune in termini ultimativi e incontrovertibili tanto più in presenza di una grande pluralità di identità sociali e culturali.

Articoli

 

ARTICOLI AUTONOMI

O PILLOLE

DAL CORSO

ITCAAD 13

Progettazione Architettonica Assistita
Facoltà di Architettura, Sapienza Università di Roma

Zziggurat_Città Lineare, 1969

Peter Eisenman_Biozentrum, Frankfurt, 1987

Gunther Domenig_Steinhaus, Carinzia, 1996

STANZE RIBELLI
Immaginando lo spazio hacker
di Alexander Levi e Amanda Schachter


“Lo spazio Hacker dovrebbe ospitare e fornire una sede alla capacità fondamentale delle persone di interagire l’una con l’altra, finendo sullo sfondo, come sparisce l’asfalto sotto le ruote del gruppo o l’acqua turbinante intorno ad un branco di pesci.”

Il primo dato che emerge da Stanze Ribelli è che per essere un h4x0r non è necessario avere un computer.
Esiste un grado di hacking in tutti noi, in alcuni è semplicemente più evoluto, come i tratti caratteriali secondo cui emerge in modi e forme diverse. Questo è lo spazio hacker. Uno spazio devoluto al superamento di limitazioni attraverso il momento creativo. Qui le stanze ribelli si rivelano un fenomeno di cultura sociale. Richard Paulick nella copertina del libro sembra proprio incarnare l’anima di questo messaggio spudoratamente felice perchè eversivo. Come Jim Carrey in “The Mask”, l’hacker è la personificazione di quello spirito libero che si scatena per contrastare “una società in cui non ci debba essere niente da scoprire né da offrire”. L’hacking si basa su un fenomeno comunicativo, per questo il suo campo d’azione, il suo spazio analogico o digitale è infinito. Alexander Levi e Amanda Schachter annullano innanzitutto  i limiti fra arte, architettura, informatica, filosofia  e sociologia. Filippo Tommaso Marinetti, Hannes Meyer, Linus Torvalds, George Lucas, Guy Debord, Razor Khan, TOOOl o The Rural Studio come Tony Hawk sono entità che come bimbi rompono le automobiline con cui giocano per capire come sono fatte dentro e non contenti le ri-assemblano per modificare le regole del gioco. Perché il divertimento ha un ruolo fondamentale in tutto questo. Il fine dell’hack, inteso come bravata, è quello di produrre una metamorfosi della realtà data, di turbare una frequenza precostituita per produrre un cambiamento. Il gioco,  è un martello che infranga le incrostazioni della società del consumo e del mercato.
“L’architettura oggi è bloccata in una sopravvivenza a senso unico. Quello che una volta era il suo requisito di base, l’utile, è ora diventato il suo punto di forza: l’architettura è definita dall’utile. Questo equivoco non è mai tanto evidente quanto nella pratica professionale, dove gran parte del processo creativo  è stato espropriato da aspettative che la disciplina prende a prestito da altri campi, come la gestione d’impresa – che definisce creatività solo quella ingegnosità che aumenta la produttività, induce più consumo o incrementa il profitto”. Il saggio produce una serie di critiche efficaci come quella che si riferisce alla società dell’immagine gonfiata nell’architettura delle marionette 3-D delle “ambientazioni edulcorate” fino all’alienazione pubblicitaria combattuta dal Billboard Liberation Front. Ma l’interferenza, la deriva, sono scintille provocatorie che come la copertina ruvida delle Memoires o la facciata della Art e Architecture Building a Yale di Paul Rudolph possono essere travisate, o essere oggetto di  calunnie proprio per la loro matrice di rottura incompresa o ancor peggio mistificata. Questa intelligenza ha un riconoscimento etico nel momento in cui il piacere di condivisione  genera una relazione sociale migliorandone il funzionamento. La tecnologia in questo processo generativo di una società è una “cavità del suo cuore pulsante, le espansioni della sua mente libera”.

La tabella propone alcune Parole Chiave che definiscano uno Zeitgeist contemporaneo. Ovviamente non vi è  nulla di più complesso di definire di ciò che è ancora non è decodificato. La tabella è quindi uno strumento per inquadrare una sostanza di cose sperate o una registrazione di costatazioni basate sulla situazione attuale? La tabella che segue cerca di lanciare parole che interpretino l’era dell’Informazione.


PROGRAMMA
cerimoniale, celebrativo / omnicomprensivo/Adattabile
COSTRUZIONE:
continua / puntiforme/Cellulare
IDEA DI CITTA’
chiusa / aperta/ Ecoreattiva
ESPRESSIONE
sintetica, figurativa, unitaria / analitica, astratta, frammentaria/Naturale
METODO
tipologico, per calare dentro la forma le attività / a-tipologico partire dalla attività/ Misto
VISIONE
figurativa e relazione / astratta e assoluta/Primitiva
CATALIZZATORE
prospettiva / trasparenza/Multifocale

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